Zero Point è il primo film a 360° per la realtà virtuale

Indossare un visore per VR, alla fine, è un po’ come indossare un paio di occhiali da sole scomodi.

Il Time ha, quindi, deciso di dare la possibilità ad alcune persone di sperimentare la realtà virtuale nelle sue sale riunione e godersi il primo film girato ad hoc per VR, chiamato Zero Point. Tramite esso si viene trascinati in svariati contesti: praterie dove pascolano indisturbati bufali, una spiaggia esotica con una ragazza, una sessione di addestramento militare. Tutto ciò permette di far sembrare la realtà virtuale ancora più normale. Il film gode del supporto di pionieri, ricercatori, sviluppatori della VR ed è stato diretto dalla start-up tecnologica Condition One fondata da Danfung Dennis.

La “pellicola” sfrutta fotogrammi catturati da 30 telecamere, ciascuna delle quali ha scattato simultaneamente alle altre da una diversa angolazione. Per vedere il film, ovviamente, bisogna indossare Oculus Rift.

Dennis dichiara:
“Le tradizionali regole del cinema e della narrazione non sono applicabili alla VR, non c’è cornice e in realtà è il pubblico a decidere il frame da osservare in base a ciò che è di loro interesse.”

Tale meccanismo potrebbe invitare i narratori ad avere più comprensione ed empatia delle persone e problemi esplorati. Questo richiederà tempo, ma è chiaro che il livello di narrazione potrà essere elevato nella realtà virtuale. L’esperienza, così immersiva, consentirà una profonda connessione tra il contenuto e lo spettatore. La stessa tecnologia presente nelle videocamere per la realizzazione di Zero Point è stata utilizzata anche da reparti militari per realizzare dei simulatori di volo, da alcune equipe mediche durante particolari interventi chirurgici, da Ford per dei prototipi di auto e dalla NASA per permettere ai robot di passeggiare su Marte.

Continua, poi, il direttore:

“Stiamo cercando di riprodurre i nostri corpi, le nostre mani dentro la VR, in modo tale da poter non solo assistere ad una scena, ma anche starci dentro in piedi, camminando intorno”.

Dennis è d’accordo sul fatto che un’esperienza virtuale spaventosa potrebbe anche essere pericolosa per alcuni, ma crede anche che fare una copia della realtà, sicuramente anche migliorando la realtà stessa, corrisponda ad una necessità di espansione della quale non si può fare davvero a meno.