Twin Mirror Recensione – Alone together…

Versione Xbox One

Twin Mirror Recensione Xbox One | Conoscete tutti il Palazzo della Memoria? È un esercizio antico e caro ai greci, latini e al nostro simpatico amico detective Sherlock Holmes. Si tratta di un allenamento mentale che serve principalmente per fortificare la nostra memorizzazione, rendendola simile ad un super potere. Avete presente il film con Robert John Downey Jr. sul celeberrimo investigatore londinese? Sì, quello dove lui si immagina tutti i vari scenari che poi si dimostrano esatti secondo i suoi ragionamenti. Ecco, diciamo che in quel caso l’effetto fiction è fin troppo evidente. Non è che con un po’ di allenamento riusciremo mai a immaginarci tutte le sequenze e gli effetti di una determinata azione, ma l’idea di avere un minimo di potere su ciò che pensiamo e sfruttarlo a nostro vantaggio è allettante e interessante.

Ma perché vi sto parlando di questo? Semplice, perché tutta questa filosofia è stata infusa all’interno di un videogioco. Ebbene, sì, non stiamo parlando di occhiali con realtà aumentata alla Heavy Rain o tramite il nostro spirito guida come in Beyond Two Souls. No, stiamo parlando di Twin Mirror, il nuovo titolo ideato da Dontnod Entertainment. La software house di Life is Strange per intenderci. Durante gli scorsi mesi vi abbiamo parlato della storia di Alyson e Tyler, protagonisti di Tell Me Why. Noi abbiamo avuto la possibilità di provare il gioco per Xbox One, ma Twin Mirror è anche presente in versione PS4 e PC. Quindi, senza dilungarci oltre, iniziamo a parlare più nello specifico di questo titolo.

Twin Mirror è un videogioco psicologico con tratti thriller che segue la falsariga degli altri titoli di Dontnod, per quanto riguarda le meccaniche di gameplay e per la struttura narrativa. Quest’ultima anche stavolta ci permetterà di fare delle scelte che influenzeranno il nostro protagonista Sam, le persone della cittadina di Basswood e il finale vero e proprio. Partiamo dal principio però: Sam è un giornalista con una certa nomina nel posto in cui è vissuto fin dalla nascita. Lascia tutto per scappare dalla città quando, a causa di una sua inchiesta, viene chiusa la miniera della città a causa di misure di sicurezza inesistenti. Oltre a fuggire dal posto facendosi terra bruciata, il nostro apatico protagonista ha persino abbandonato la propria relazione con Anna e tutte le sue amicizie, smettendo di parlare per 2 anni persino con Nick, il suo vecchio partner.

 

Twin Mirror ci apre le porte della mente di Sam, un uomo chiuso in se stesso e ossessionato dalla verità.

 

Tornando a Basswood per il funerale di Nick, Sam scopre che c’è qualcosa sotto. Il suo migliore amico non è morto accidentalmente ma sembra essere il centro di qualcosa di più oscuro che concerne l’intera cittadina. Assetato di verità, Sam inizia ad indagare cercando di riallacciare i rapporti, o distruggerli ancora di più, con tutti i cittadini che aveva abbandonato tempo prima. Grazie alla sua collaborazione con Anna, alle testimonianze, altri omicidi e all’ausilio del suo palazzo della memoria, Sam dovrà far luce sugli eventi e cercare risposte per far riposare in pace il proprio ex-partner. Il problema è che il nostro protagonista è parecchio instabile: nella sua mente risiede una figura che potremo ascoltare o evitare e che, per la maggior parte del gioco, tenterà di aiutarci. Non sappiamo molto su Lui; potrebbe essere un amico immaginario, una figura creata dall’inconscio di Sam o persino qualcosa di sovrannaturale. Starà a noi scoprire anche questo… più o meno.

Twin Mirror

Il problema principale che concerne Twin Mirror e che negli altri titoli Dontnod veniva sviato magistralmente, è la durata dell’esperienza. Nonostante ci siano vari possibili finali ai quali arriveremo una volta conclusa la storia, una partita in sé dura poco più di 4/5 ore. Il che, se si fosse trattato di un Life is Strange di turno, sarebbe stato dribblato tramite la suddivisione della storia in diversi Capitoli. Ci eravamo già soffermati sulla brevità, per esempio, di Tell Me Why che veniva sviscerato in soli 3 Episodi, ma Twin Mirror batte anche questo record restando un titolo tutto d’un pezzo, senza alcun seguito. Non stiamo dicendo che questa scelta è stata poco ottimale da parte di Dontnod, ma per un genere così intricato e misterioso come il thriller psicologico, avremmo preferito che le indagini e l’intera trama fossero maggiormente sviluppate. Non abbiamo avuto modo di interessarci a nessun personaggio in particolare, ci sono pochi luoghi da visitare e, per finire, la verità viene rivelata troppo presto a detta nostra, senza invogliarci a cercarla o a fare congetture. In questo caso, possiamo quindi affermare che la brevità del titolo va a concernere i fatti e gli eventi che lo compongono lasciando l’amaro in bocca una volta conclusa l’indagine.

 

La brevità dell’esperienza mina l’indagine stessa, che viene immediatamente conclusa senza darci tempo di riflettere sul reale colpevole.

 

Parlando invece della struttura e delle meccaniche di gameplay, Twin Mirror assoda ciò che era stato mostrato in Life is Strange 2 e in Tell Me Why. Avremo una visuale in terza persona ravvicinata alla telecamera e spostata sulla sinistra. Tutti gli oggetti con i quali potremo interagire saranno segnalati tramite l’HUD sempre più pulita e meno complessa. A differenza di altri giochi della raccolta di Dontnod, avremo un menù più schematizzato, senza un diario nel quale prendere appunti. Tutti i nostri incontri, gli obiettivi principali e le nostre relazioni avranno una voce in questa struttura asettica. Questo non è un problema, ma un appunto che ci tenevamo a fare: la mente di Sam non necessita trascrizioni cartacee e, proprio come se stessimo guardando delle cartelle in un PC, funzionerà in modo più schematico e meno caotico rispetto a come eravamo abituati. Ciò che fa davvero storcere il naso sono i comandi che non compiono immediatamente un’azione anche dopo aver premuto il pulsante. La schermata più ampia, tipica di un televisore per console, ci fa perdere alcuni riferimenti dell’HUD scritti con un font troppo piccolo. Persino leggere i sottotitoli non sarà sempre facile, soprattutto quando saremo all’aperto e con le prime luci del giorno, troppo simili al bianco dei succitati testi. E, dulcis in fundo, sono presenti pochissimi enigmi che, in un titolo del genere, avrebbero dovuto ricevere una maggiore importanza.

Twin Mirror

È arrivato il momento di descrivere il comparto artistico. Non c’è molto da dire, in realtà. Anzi, sembra che ci sia stato un peggioramento nella cura dei modelli 3D e nell’applicazione delle texture. Questa problematica non era così tanto presente in Tell Me Why, dove la maturità che esternavano i personaggi si denotava anche per la cura nei dettagli facciali. Qui, invece, persino Sam non riesce ad avere un’ampia raccolta espressiva, restando sempre senza alcuna emozione o trovandosi arrabbiato anche nei momenti “toccanti”. L’elemento di cui vi abbiamo appena parlato è una delle motivazioni per le quali è quasi totalmente impossibile empatizzare con i personaggi. Nonostante ci sia una più distinta caratterizzazione delle forme corporee, queste in fin dei conti non sono comunque curate più di tanto. Proprio come accadeva in Tell Me Why ci possono essere degli abiti maggiormente dettagliati ma, per il resto, i particolari del viso, le barbe e i peli facciali si vanno a perdere durante i caricamenti. Aggiungete poi cali di frame nei momenti più impensabili e pop up di texture, e l’esperienza viene corrotta proprio come la mente del nostro Sam.

 

Twin Mirror, sfortunatamente, non spicca neppure tramite il proprio comparto artistico e questo e un grande punto a sfavore.

 

Altra nota dolente, di cui io soggettivamente vengo sempre attratta nei titoli Dontnod, risiede nel comparto sonoro. Sappiamo tutti che le tracce musicali, adottate dalla casa di sviluppo per raccontare storie senza dialoghi, sono più potenti delle conversazioni stesse. Qualcosa che qui non accade. Possiamo dare la colpa alla brevità del titolo o al fatto che la software house stesse lavorando su più fronti anche per completare Tell Me Why per tempo, fatto sta che in Twin Mirror ci sono poche OST da ascoltare e ancora di meno resteranno nel nostro cuore. Un vero peccato per come eravamo stati abituati a partire dal 2015 con il primo Life is Strange.

Twin Mirror

Parliamo delle scelte e del messaggio di Twin Mirror. La morale principale, una dei pochi elementi da poter elogiare, si basa sull’idea di socializzazione ed empatia. Abbiamo avuto modo di toccare temi come l’amore, il bullismo, l’amicizia e la fratellanza negli altri titoli di Dontnod… ma l’empatia? Non era ancora accaduto. Avere un protagonista che non riesce a farsi accettare da una comunità perché è il primo a non credere abbastanza in se stesso non è un’idea propriamente originale. È un messaggio semplice che viene raccontato ai bambini persino tramite le favole. Ma, devo ammettere, che qui funziona. E funziona più del resto della storia.

Sam è un uomo complesso, distrutto da un’ossessione che lo ha portato a preferire un rifugio nella propria mente, ovvero il Palazzo della Memoria, piuttosto che le sue amicizie e relazioni. E questo, a parer mio, è il pregio per eccellenza che ha Twin Mirror. È stato poco sviluppato, questo è vero, ma nonostante tutto è presente come punto di vista ed è ben scandito persino nei momenti dove il panico e l’ansia prendono possesso della mente di Sam. Quindi, anche se a tratti la psiche di Sam possa avere elementi architettonici simili a Control o le indagini possano sembrare un fallito tentativo di ricordare Heavy Rain, il cuore di Twin Mirror resta l’empatia e come sviluppare i rapporti con il prossimo per non restare soli. Un buon messaggio che, con maggior tempo per delinearne i confini, avrebbe fatto sicuramente la differenza.

In conclusione, Twin Mirror non ci ha convinto; e ve lo sto dicendo da fan di qualsiasi opera di Dontnod. Non ha lo stesso spirito e lo stesso carattere degli altri titoli. Possiamo provare ad incolpare vari elementi che ne hanno minato l’essenza ma persino la trama ci viene svelata con troppa facilità, pur essendo il fulcro di tutta l’opera. Persino il primo Life is Strange aveva delle indagini più durature e dei sospettati più intriganti, e non parlava solo di un assassino. Quindi, a causa di tutte queste problematiche è comunque da consigliare? Sì e no. Chiariamoci, è pur sempre un titolo della raccolta di Dontnod e i fan lo apprezzeranno accettandone i difetti, ma tutti gli altri? Non siamo certi che i giocatori poco legati alla software house ne possano restare soddisfatti.