Bentrovati nel 2025, lโanno che potrebbe passare alla storia come il peggiore di sempre per lโindustria dei videogiochi. Suona drammatico? Forse. Suona anche familiare? Assolutamente sรฌ. Ogni gennaio si ripete il solito copione: lโanno piรน brutto, il mercato piรน in crisi, lโarte piรน morta di sempre. Ma questa voltaโฆ eh, questa volta potrebbe essere vero. E non perchรฉ ci divertiamo a lanciare boiate apocalittiche per attirare clic (o forse sรฌ?), ma perchรฉ il panorama รจ oggettivamente desolante: licenziamenti a raffica, polemiche infinite su dettagli insignificanti, e il videogioco che, poveretto, sembra essere la vera vittima di tutto questo caos. Un tempo (e sono vecchio, sรฌ), il videogioco era un faro creativo, un medium rivolto a una nicchia che sapeva cosa voleva, i designer erano divinitร babilonesi (non si sapeva chi fossero, dove stessero e da quali pezzi di animali fossero composti).
E quella nicchia era fatta da noi, figli degli anni โ70 e โ80, cresciuti a pane, joystick e puntate di A-Team quando la mattina eri a letto ammalato. Ora perรฒ siamo adulti, con un potere economico solido e la capacitร di spendere per hobby di qualitร . Il problema? Il mercato sembra aver dimenticato da dove tutto รจ iniziato. Viviamo in unโepoca dove tutto si puรฒ trovare con un clic. Vuoi sapere chi รจ Walt Whitman? Apri Wikipedia, leggi tre righe e via, sei un esperto. Ma progettare un videogioco non funziona cosรฌ. Non basta un rapido โtrova e cliccaโ per creare qualcosa di significativo. Eppure, nel 2025 sembra che ci si stia provando: la โscienza delle merendineโ (โsociologia applicataโ per chi non mastica lo slang universitario anni โ90) ha invaso da un bel poโ di tempo il mondo dei videogiochi, ma da buon verme sta guastando la mela solo dopo essersela mangiata tutta. Come si applica al nostro comparto la scienza delle merendine, vi chiederete? ร quando il prodotto diventa un pretesto per fare marketing, vendite e trasformare le software house in posti da riempire con i contributi dello stato (ogni riferimento agli USA o a CD Projekt รจ puramente voluto), relegando la creativitร e la tecnica a un ruolo marginale. Designer, sceneggiatori e artisti sembrano sempre piรน rimpiazzati da esperti di comunicazione, intenti a creare hype piรน che esperienze di gioco memorabili. Insomma, il videogioco non รจ piรน unโopera dโarte, ma un contenitore carino pieno di pubblicitร . E qui arriva il vero problema: la creativitร si sta riducendo ai minimi termini.
Certo, abbiamo Internet, intelligenza artificiale e strumenti che promettono di risolvere ogni problema in un nanosecondo (nanonano), maโฆ spoiler: non funziona cosรฌ. Le nuove idee non le trovi su Google. E no, nemmeno ChatGPT vi progetterร il prossimo Elden Ring. Per ora, lโintuizione umana รจ ancora necessaria, anche se sembra che il settore stia facendo di tutto per dimenticarlo. Cosa ci aspetta, allora? Forse un lento declino, forse un ruggito di rinascita (ahahahโฆ non so come mi รจ venuta questa, ma ci ho riso mezzโora e ce la lascio). Oppure continueremo a lamentarci, anno dopo anno, che โquesto sarร sicuramente lโanno piรน brutto di sempreโ. Ma finchรฉ i videogiochi non si ridurranno a un mix di loot box, NFT e pubblicitร subliminali (lโindie รจ morto e se non siete dโaccordo dimostratemi il contrario), possiamo ancora sperare. Magari, proprio mentre ci lamentiamo, il prossimo capolavoro รจ giร in cantiere. Perรฒ, ehi, teniamo il dramma vivo: male che vada, abbiamo sempre i memeโฆ e Ubisoft in vendita.
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