Mother Russia Bleeds: la recensione di VMAG

Quando ero piccolo e giocavo tutto il giorno nei bar con i mitici coin-op che hanno costruito la mia passione e demolito le mie finanze, mi chiedevo sempre con grande felicità dove sarebbero arrivati i videogiochi nel futuro, su quali mirabolanti meraviglie grafiche mi sarei fatto esplodere gli occhi o quali mitici mondi di fantasia avrei scoperto, popolati da personaggi caratteristici oltre ogni modo nel quale identificarmi. Lo facevo anche nei beat’em up a scorrimento orizzontale (The Punisher era… È il mio preferito), che anno dopo anno mi stupivano con nuove trovate, soprattutto in armi e mosse per spezzare la schiena ai nemici. Mi chiedevo dove saremmo arrivati e… niente, siamo sempre lì. Mother Russia Bleeds è un beat’em up a scorrimento orizzontale in pixel art con un massimo di quattro giocatori contemporaneamente su schermo. Ovviamente stiamo parlando di un titolo che si rifà a quei tempi facendo leva su passione e nostalgia, tradite da impostazioni, meccaniche classiche e lo stile grafico, unite all’irriverenza ormai solita di Devolver Digital. Tutto bello come una volta e ancor di più? Non proprio a dire il vero.

Mother Russia Bleeds è forse vittima di uno sviluppo non tanto problematico, quanto irregolare: dapprima nato come piccolo progetto di Frédéric Coispeau (ex Ubisoft Paris) nel neo studio Le Cartel, è stato poi portato tra le braccia di Devolver da Jonatan “cactus” Söderström, autore del ben più noto Hotline Miami a cui il livello pre-alpha di Mother Russia era ispirato. Annunciato prima per PS4 e poi per tutte le altre piattaforme, abbiamo ora la versione definitiva dopo circa tre anni dal primo annuncio, con tanto di nomi scelti dagli utenti di VK (il Facebook russo) per i quattro personaggi in gioco. A dire la verità potevano anche impegnarsi di più visto che seppur riconoscibili da un po’ tutti nel mondo abbiamo degli scontati Sergei, Ivan, Natasha e Boris, ovvero il tizio generico, il bestione, la donna generica e il pazzo. Hanno più carattere le controparti dei componenti del team di Le Cartel (li vedete qui sotto, anche loro quattro) sul sito ufficiale del gioco, per dire… avrei preferito giocare con loro!

Mother Russia Bleeds
Da sinistra Sergei, Boris, Ivan e Natash, nel tutorial
Mother Russia Bleeds
I componenti del team Le Cartel per come si sono realizzati sul sito… vi sfido a preferire i primi quattro

Come detto Mother Russia Bleeds è un beat’em up a scorrimento orizzontale con meccaniche classiche, ed è ambientato in una Unione Sovietica di fantasia dove stanno avvenendo strani esperimenti che hanno a che fare con una droga chiamata “Nekro”, un nome un programma. Personaggi a parte la “Russia che sanguina” è realizzata in modo davvero ispirato attraverso la suddetta pixel art che tanto va di moda negli Indie e richiama il passato con grande stile. I livelli, in tutto otto nella modalità storia, si dividono tra prigioni fetide, basi militari orripilanti, campi rom immondi e locali perversi, avvolti in un’atmosfera splatter e con tanto di opzione “schermo catodico”. Belli da guardare, per carità, meno da giocare: l’interattività con questi è veramente poca, ci limitiamo a sfasciare uno o due elementi per livello e spesso non otteniamo nulla di diverso dalle armi che già sono in giro. Armi canoniche per il genere e neanche tantissime per essere un gioco del 2016, seppur sia un Indie. Tra corpi contundenti e armi da fuoco (molte meno), non c’è niente che ci esalti o ci faccia scompisciare dalle risate, giusto la possibilità di raccogliere la testa dei malcapitati nemici per menare gli altri.

[su_quote]non esagera, non cerca l’innovazione e non offende nessuno[/su_quote]

Nell’attesa che avevo per Mother Russia Bleeds (sapete che seguo assiduamente Devolver) ho sempre sperato che questo fosse il titolo giusto dove trovare il giusto mix tra un combat system molto vario e la valanga tragicomica che invade il web quando si parla del vecchio continente di Stalin e successori (filoni come “in Russia the web is on the cats” o i meme sui suoi politici), ma niente, con dispiacere il titolo di Le Cartel è “solo” un beat’em up canonico che non esagera, non cerca l’innovazione e non offende nessuno. Forse neanche i più bigotti si scandalizzeranno con tutto il sangue a schermo, che non è niente più niente meno di quello che abbiamo già visto in titoli di carattere simile, e ben al di sotto del gusto sadico che si respira in un Hotline Miami, ad esempio.

Mother Russia Bleeds
L’importante è ammazzarli di botte

Picchiare tutto e tutti in Mother Russia Bleeds è nel complesso abbastanza divertente e la situazione viene salvata dalla presenza delle droghe utilizzabili dai nostri valorosi quattro, che ne alterano la coscienza e ne aumenta la potenza, un boost che dura qualche secondo e da sfruttare con parsimonia per non terminare la siringa a disposizione. Nel caso non sappiate andarci leggero potete sempre recuperarla dai cadaveri dei nemici che fanno da riserva, utilissimo visto che le droghe hanno la doppia funzione di potervi curare un pezzetto di vita e alla difficoltà più elevata bisognerà essere molto abili nel decidere a quale dei due scopi dedicarla. A risollevare un po’ tutta la situazione ci sono i tipi di droghe, che sono molteplici e con effetti diversi, ma previo sblocco nell’altra (l’unica) modalità disponibile, Arena, dove bisogna battere una dopo l’altra le ondate di nemici in livelli statici, per arrivare alla decima e avere quindi la nuova soluzione da iniettarsi nella storia. Nelle mosse a disposizione abbiamo oltre a pugni (attacco normale), calci (attacco forte) e prese anche dash combinabili con gli attacchi e le fatality utilizzabili solo se drogati che variano un po’ l’azione, ma niente di trascendentale o mai visto. Ancora una volta il difetto principale ce l’hanno i personaggi, differenti nel combattimento solamente nelle animazioni…

Mother Russia Bleeds
I boss fortunatamente variano un po’ i meccanismi

Il rammarico per ciò che poteva essere Mother Russia Bleeds è grande. Volevo un titolo irriverente, magari pesantemente satirico, originale e dalle meccaniche quantomeno efficaci. Niente purtroppo, è un beat’em up bello da vedere (tanto che gli fa superare di poco la sufficienza),  ma che non stupisce e annoia dopo non molto tempo, soprattutto chi è veterano di mostri come Cadillac and Dinosaurs The Punisher, con cui nel confronto esce… con le ossa rotte, pur passati tanti anni. nel gioco cooperativo. Lasciando perdere l’IA che ha bisogno al più presto di una patch per essere almeno funzionale, di sicuro guadagna qualcosa in co-op con gli amici (ma solo in locale), in cui collaborare per resuscitarsi a vicenda, sempre tramite le droghe, e scoprire insieme il mistero dietro questo grottesco regime dittatoriale. In tutto ciò, applausi a scena aperta per Vincent Cassar per la realizzazione della colonna sonora, eccelsa.