Lollipop Chainsaw: la recensione di VMAG

Al cinema, non tutto quello che piace deve necessariamente essere bello: potremmo citare una lista infinita di film che seguono questa filosofia. Ma un discorso simile, può valere anche per il mondo dei videogiochi? Non ci siamo avvicinati al nuovo gioco di Suda51 con le migliori aspettative, ancora scottati da uno Shadows of the Damned da cui eravamo rimasti tutt’altro che esaltati.

Per non dire che, di giochi a base di zombi, ora come ora si stenta davvero a sentirne il bisogno. Come tutte le opere di Suda51, anche questa volta abbiamo a che fare con una follia tipicamente nipponica: stucchevole per molti, geniale per altrettanti. Ma, a differenza di No More Heroes, questa volta l’autore sembra aver fatto un passo indietro, proponendo un gioco meno pretenzioso, anche rispetto al passato Shadows of the Damned.

Il gioco riprende il clima horror comedy di pellicole come Buffy l’Ammazzavampiri (quello originale), proponendo la più tipica delle accoppiate, ovvero ragazza sexy e orde di non morti che cercano di farle la pelle. Se la premessa vi ricorda un altro videogioco giapponese, OneChanbara, non siete troppo lontani dalla verità, anche se l’atmosfera che si respira è sicuramente più potabile per il pubblico occidentale… ma neanche più di tanto.

L’eroina di questa storia è Juliet Starling, che dietro i succinti panni di cheerleader nasconde in realtà una doppia vita come cacciatrice di zombi, come da tradizione della sua bizzarra famiglia. Il gioco si apre nel bel mezzo dell’azione, permettendovi di entrare fin da subito in confidenza con quella che sarà la vostra attività per la maggior parte del gioco, ovvero affettare zombi con la motosega tra esplosioni di cuoricini e arcobaleni.

Il sistema di combattimento  vi permette di colpire i nemici con mosse acrobatiche da cheerleader, tramite le quali potrete accumulare combo fino a stordirli o eseguire trucchetti come saltargli sulle spalle e colpirli dall’alto; queste mosse vanno usate in sinergia con gli attacchi della motosega, grazie al quale potrete decapitarli dandogli il colpo di grazia. Se inizialmente le possibilità strategiche in battaglia saranno limitate, andando avanti nel gioco potrete acquistare tramite lo shop nuove abilità, che renderanno ancora più spettacolari i combattimenti.

A livello tanto visivo che di gameplay, non ci troviamo di fronte a una roccaforte dell’originalità, anche perché, se parliamo di estrosità e stravaganza nei combattimento, dopo Bayonetta possiamo dire ormai di aver visto davvero tutto. Ma siamo d’altro canto ben lontani dalla realizzazione imprecisa, per non dire affrettata, di Shadows of the Damned, rispetto al quale Lollipop è sicuramente meno frustrante.

Quello in cui invece eccelle Lollipop Chainsaw, sono le situazioni all’interno del quale viene impiegato il sistema di combattimento. Per una volta tanto, possiamo dire di avere per le mani un gioco in cui è la comicità slapstick a farla da padrone. Ma la cosa più interessante è che le gag sono costruite non solo tramite le cutscene, ma anche attraverso il gameplay stesso.

Un esempio su tutti potrebbe essere la partita di basket in uno dei primi atti del gioco, in cui dovrete decapitare quanti più zombi possibili per superare il punteggio mostrato sul tabellone. Altrettanto ispirati sono gli scontri con i boss, tipici personaggi da college che vi attaccheranno in modi sempre diversi; tanto per fare un altro esempio, il punk vi urlerà contro insulti letteralmente solidificati, che dovrete evitare prontamente.

I designer hanno costruito passo passo tutta una serie di situazioni, grazie alle quali non proverete la fastidiosa sensazione di dover affrontare corridoi pieni zeppi di nemici e nient’altro. Man mano che esplorerete la scuola, vi ritroverete infatti sempre di fronte a nuovi tipi di non morti, che andranno sconfitti usando tattiche diverse, o magari vi capiterà di entrare in un’aula e incontrare uno dei tanti professori trasformati in zombi.

Una volta tanto, insomma, un gioco di Suda51 sembra funzionare abbastanza bene dal punto di vista del gameplay. Ma il vero motivo per cui sarete spinti ad andare avanti (o a non andare avanti), è proprio il pesante humour che contraddistingue il gioco. Con pesante, intendiamo che, proprio come il classico compagno di liceo sboccato e senza cervello, Lollipop Chainsaw proporrà per tutta la durata del gioco un umorismo della lega più bassa immaginabile. Juliet è ovviamente l’essere più stupido visto in un videogioco negli ultimi anni, e si sprecheranno riferimenti alle sue grazie e in genere ammiccamenti sessuali di ogni sorta.

Trattandosi comunque di un gioco giapponese, non mancherà neanche quella vena demenziale che abbiamo imparato a conoscere nei peggiori anime, con tanto di sensei pervertito fissato con la biancheria intima di Juliet. Gli stessi boss si divertiranno a lanciarvi contro gli epiteti più volgari e sessisti che possiate immaginare. Insomma, non c’è niente che renda Lollipop Chainsaw un grande gioco, né abbiamo alcun motivo di pensare che si tratti di un’operazione autoreferenziale.

Né si riscontra la minima traccia dell’autocompiacimento autoriale e dell’ironia di No More Heroes.  Tutt’altro: Lollipop è semplicemente e genuinamente idiota ma, ricollegandoci all’inizio della recensione, va benissimo che sia così. Non facciamo certo parte della squadra che reputa Suda51 un grande game designer visionario. Ma, se dovessimo indicare un candidato ideale come game designer più trash di sempre, un Lloyd Kaufman dei videogiochi insomma, non avremmo dubbi su chi indicare. Dopotutto, il videogioco ha bisogno anche di questo.